Ogni mostra d’arte è una realtà complessa che attiva un gran numero di persone, competenze, professioni, interessi ed emozioni.
E ogni mostra d’arte è accompagnata dal suo catalogo, che racconta il concetto, lo studio, il progetto che vi stanno dietro; un piccolo grande microcosmo in cui convergono e si intrecciano aspetti e attività molto varie.
Anche la traduzione di un catalogo d’arte è un insieme di attività professionali e processi organizzativi che da un lato si muovono in autonomia, dall’altro sono strettamente dipendenti dal lavoro di autori, curatori e redattori.
Il catalogo può essere uno strumento di accompagnamento che introduce il visitatore-lettore alla visione, e di conseguenza è uno strumento di “traduzione” ancor prima di essere tradotto. Ma è anche uno strumento di memoria perché consente alla mostra di sopravvivere oltre il tempo della sua durata, di attestarsi come evento di rilievo sia per la vita sociale che nel settore degli addetti ai lavori. Infine può essere anche uno strumento scientifico, di catalogazione e documentazione, e in questo caso presentare un linguaggio più o meno ricco di tecnicismi.
Un insieme di linguaggi
Il catalogo è spesso un insieme di linguaggi che il traduttore deve poter padroneggiare. I testi critici possono avere tagli diversi, essere esplicativi e divulgativi, oppure criptici e specializzati. Possono presentarci l’opera, oppure porsi sul suo stesso piano e andare ad arricchirla di complesse teorie interpretative. Le schede possono essere più o meno dettagliate, sia nella descrizione delle opere (un consiglio: è praticamente impossibile – e sempre rischioso – tradurre le schede di un’opera senza cercarne una riproduzione) che delle tecniche. A volte possono raggiungere complessità notevoli e richiedere un grosso impegno di ricerca: pensiamo alle specifiche sugli strumenti di lavoro di una mostra di scultura!
Il fattore tempo
C’è poi un aspetto che può sembrare accessorio, ma incide molto sulla traduzione di un catalogo d’arte: il tempo. Oggi quasi tutte le case editrici lavorano con tempi serrati, e le richieste sono tutte ‘per ieri’. Può capitare che i testi del catalogo arrivino allo stato di bozza, e venga chiesto di tradurli quando sono essi stessi ancora in lavorazione o a volte addirittura che arrivino in versione definitiva quando la mostra è già iniziata!
Il fattore tempo complica le cose e richiede un’efficiente organizzazione preventiva: non solo avremo bisogno di affidare il lavoro a traduttori esperti del settore, ma dovremo dividerlo tra più traduttori.
A quel punto si pongono notevoli problemi di uniformità: il registro è compatibile? il linguaggio specialistico è omogeneo? La traduzione dei titoli uniforme? I criteri redazionali sono stati condivisi?
Sarà necessario organizzare una squadra di lavoro supervisionata da un referente – traduttore o redattore che sia – in grado anzitutto di individuare le criticità in via preventiva, e poi di gestirle…. ma di questo parleremo più a fondo in un prossimo articolo!
Per fare le cose bene, si sa, ci vuole tempo.
Vale anche nel campo della traduzione, perché il traguardo di una buona traduzione non è segnalato dal nastro dell’arrivo. È un processo sempre in corso, e ogni nuova lettura farà emergere la possibilità di un cambiamento. Difficile accettare di tradurre un saggio sull’arte gestuale di Lucio Fontana, infarcito di citazioni e rimandi filosofici, a tempo di record. Ma di fatto, è quello che accade. Quando arriva il catalogo da tradurre, l’obiettivo è sempre: la migliore traduzione possibile, a tempo di record.
Ed è un’altra opera d’arte.
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